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Nasce American Franchising Stories: la nuova rubrica di Fabrizio Mani su RadioFranchise.it

Link2America è lieta di annunciare il lancio di “American Franchising Stories”, la nuova rubrica radiofonica condotta da Fabrizio Mani, in onda su RadioFranchise.it, interamente dedicata al mondo del franchising negli Stati Uniti.

La rubrica nasce con un obiettivo chiaro: raccontare il franchising USA in modo concreto, accessibile e strategico, attraverso storie reali, analisi di modelli di business, interviste a esperti del settore e casi pratici utili a imprenditori, investitori e professionisti italiani interessati al mercato americano.


Di cosa parlerà American Franchising Stories

Durante le puntate, Fabrizio Mani — business consultant USA, esperto di internazionalizzazione e franchising — guiderà gli ascoltatori alla scoperta di:

  • modelli di franchising di successo negli Stati Uniti
  • differenze chiave tra franchising USA ed Europa
  • errori comuni da evitare quando si investe in America
  • aspetti legali, operativi e strategici spesso sottovalutati
  • storie vere di imprenditori e brand attivi sul mercato USA

Le puntate andranno in rotazione giornaliera nel palinsesto di RadioFranchise.it, rendendo i contenuti facilmente fruibili anche per chi non può seguire una diretta.


L’annuncio ufficiale su LinkedIn

RadioFranchise.it ha annunciato ufficialmente l’inizio della rubrica anche su LinkedIn.
👉 Puoi leggere il post di lancio Cliccando Qui


Proponi un tema o una domanda per le prossime puntate

Uno degli elementi centrali di American Franchising Stories è il coinvolgimento diretto degli ascoltatori.

👉 Hai una domanda sul franchising negli USA?
👉 Vuoi suggerire un tema, un settore o un modello da approfondire in radio?

Scrivici: le tue domande e proposte potranno diventare il punto di partenza di una delle prossime puntate.


Approfondisci con la nostra guida al franchising negli USA

Se stai valutando seriamente un investimento in franchising negli Stati Uniti, ti consigliamo di leggere anche la nostra guida pratica dedicata al franchising USA.

All’interno troverai:

  • una panoramica chiara delle opportunità reali
  • i principali requisiti legali e operativi
  • le differenze tra investitore, franchisee e master franchise
  • un questionario per ricevere assistenza personalizzata da parte del team Link2America

👉 Leggi la guida e accedi al questionario qui:
https://link2america.us/investire-franchising-usa-guida-opportunita/

Voucher Internazionalizzazione PMI Lazio 2026: un’opportunità concreta per entrare nel mercato USA

La Regione Lazio ha pubblicato il nuovo Bando “Voucher Internazionalizzazione PMI 2026”, un’iniziativa da 10 milioni di euro destinata a sostenere la partecipazione delle piccole e medie imprese del territorio a fiere internazionali di tipo B2B, con l’obiettivo di favorirne l’espansione sui mercati esteri — Stati Uniti compresi.

Obiettivo del bando

Il programma, inserito nel FESR Lazio 2021–2027, mira a rafforzare la competitività e la crescita sostenibile delle imprese laziali, sostenendo la loro presenza diretta nelle più importanti fiere internazionali.
L’iniziativa è particolarmente rilevante per le aziende interessate al mercato americano, dove la partecipazione a fiere di settore rappresenta spesso la chiave per entrare in contatto con distributori, buyer e partner locali.


Tipologie di attività finanziate

Ciascuna impresa può ottenere un contributo per partecipare fino a 3 fiere internazionali B2B che si svolgano nel corso del 2026, sia all’estero (ad esempio negli Stati Uniti) sia in Italia purché riconosciute come “internazionali” dal calendario ufficiale della Conferenza delle Regioni.

La partecipazione deve avvenire con uno spazio espositivo proprio, contrattualizzato direttamente con l’organizzatore della fiera o, nel caso di eventi all’estero, tramite un’agenzia locale specializzata.
Non sono ammessi stand collettivi o intermediari italiani.


Entità del contributo

Il contributo è a fondo perduto e concesso a titolo di De Minimis, per un importo fisso di 15.240 euro per ogni fiera.
Questo importo comprende:

  • €12.700 come somma forfettaria per la partecipazione alla fiera (affitto spazio, allestimenti, logistica e materiale promozionale);
  • €2.540 (pari al 20%) per coprire i costi diretti del personale impiegato.

In pratica, un’azienda che partecipa a tre fiere può ricevere fino a €45.720 di contributo complessivo.


Requisiti per accedere

Possono presentare domanda le PMI iscritte al Registro delle Imprese con sede operativa nel Lazio.
Sono esclusi i soggetti che non rispettano i requisiti generali di ammissibilità (come le attività escluse dal FESR o imprese non in regola con gli obblighi contributivi).


Criteri di selezione e punteggio

L’assegnazione avviene tramite graduatoria, non con il sistema “click day”.
Il punteggio dipende da vari fattori, tra cui:

  • rapporto tra fatturato estero e totale (fino a 40 punti);
  • numero di addetti (fino a 20 punti);
  • articolazione del progetto (più fiere, più punti);
  • assenza di precedenti contributi;
  • certificazioni di parità di genere o sostenibilità ambientale;
  • impresa giovanile.

Erogazione e modalità di pagamento

Il contributo viene erogato a saldo, in un’unica soluzione, entro 30 giorni dalla conclusione dell’ultima fiera approvata.
La richiesta di rimborso deve essere caricata sulla piattaforma GeCoWEB Plus insieme a:

  • dichiarazione di partecipazione (DSAN);
  • contratto con l’organizzatore o con l’agenzia locale (con relativo company profile);
  • relazione descrittiva dell’attività svolta;
  • documentazione fotografica o video dello stand e del materiale promozionale.

Una volta approvata la rendicontazione, il rimborso viene accreditato direttamente sul conto dell’azienda beneficiaria, rendendo l’intero processo semplice e trasparente.


Perché è una grande occasione per le imprese del Lazio

Per le aziende del Lazio che vogliono espandersi nel mercato statunitense, questo bando rappresenta un’occasione strategica:
le fiere di settore negli USA (come Fancy Food Show, CES, Cosmoprof North America, NRA Show o New York Build Expo) sono la porta d’accesso più efficace per incontrare buyer, importatori e investitori americani.

Grazie al contributo regionale, le imprese possono ridurre drasticamente i costi di ingresso, migliorando la propria visibilità e accelerando i contatti commerciali con partner esteri.


Supporto operativo

Link2America, con oltre 14 anni di esperienza diretta negli Stati Uniti, offre assistenza completa per la presentazione del progetto, la selezione delle fiere più adatte e la gestione logistica e commerciale negli USA, incluse:

  • ricerca partner e distributori;
  • supporto doganale e legale;
  • organizzazione incontri B2B durante le fiere;
  • follow-up post evento.

Per informazioni o supporto alla presentazione della domanda: compila il form che troverai in fondo al pagina cliccado qui

Purtroppo è vero….Nuova tassa di 100.000 USD sulle petizioni H-1B: cosa prevede la Proclamazione Presidenziale del 19 settembre 2025

Dopo giorni di dibattito politico e mediatico, è arrivata la conferma ufficiale: il Presidente Donald Trump ha firmato il 19 settembre 2025 una Proclamazione Presidenziale che introduce un pagamento supplementare di 100.000 dollari per ogni nuova petizione H-1B, il visto destinato a lavoratori stranieri altamente qualificati.
La misura, pubblicata sul sito ufficiale della Casa Bianca, è entrata in vigore alle 12:01 a.m. ET del 21 settembre 2025.


Cosa prevede la nuova disposizione

Il provvedimento, denominato “Proclamation on the Entry of Certain Nonimmigrant Workers”, ha come obiettivo dichiarato quello di proteggere i lavoratori americani e ridurre gli abusi nel programma H-1B.
La proclamazione incarica il Department of Homeland Security (DHS), il Department of State (DOS) e la Customs and Border Protection (CBP) di collaborare per l’attuazione e il controllo del nuovo contributo.

Il pagamento supplementare di 100.000 USD si applica esclusivamente alle nuove petizioni H-1B presentate dopo l’orario di entrata in vigore.
Restano quindi escluse le petizioni già depositate, i visti già rilasciati e le richieste di rinnovo o estensione.


Entrata in vigore e durata

La Proclamazione specifica che la nuova misura ha validità iniziale di 12 mesi, salvo proroghe future da parte della Casa Bianca.
Durante questo periodo, le agenzie federali coinvolte dovranno pubblicare linee guida operative per definire in che modo il pagamento dovrà essere eseguito e documentato all’interno del processo di petizione.


Eccezioni e criteri di esenzione

Il testo ufficiale prevede che il Segretario della Homeland Security possa autorizzare esenzioni caso per caso, qualora l’assunzione del lavoratore straniero risulti nell’interesse nazionale.
I criteri pratici per determinare quali settori, aziende o progetti possano beneficiare dell’esenzione non sono ancora stati pubblicati, ma dovrebbero includere attività legate a infrastrutture critiche, ricerca strategica e alta tecnologia.


Impatti attesi per aziende e professionisti

Secondo analisi legali e fonti economiche, la misura potrebbe incidere in modo diverso a seconda della dimensione delle imprese.

Le grandi multinazionali potrebbero assorbire il nuovo onere più facilmente, grazie a budget di reclutamento più ampi.
Le piccole e medie imprese (PMI) rischiano invece di trovarsi di fronte a un costo significativo per ogni nuova assunzione internazionale, con potenziali effetti sulla capacità di attrarre talenti e di innovare.

Gli esperti sottolineano inoltre che il successo del provvedimento dipenderà dal coordinamento tra USCIS, DOS e CBP, al fine di garantire un’applicazione uniforme e coerente in tutte le fasi: dalla petizione al rilascio del visto, fino al controllo d’ingresso negli Stati Uniti.


Prossimi passi

Nei prossimi mesi il DHS e l’USCIS pubblicheranno i regolamenti di implementazione, chiarendo modalità di pagamento, tempistiche e eventuali eccezioni operative.
Fino ad allora, le aziende interessate ad avviare nuove procedure H-1B devono prestare particolare attenzione alle date di deposito e alle indicazioni ufficiali che saranno fornite dalle autorità federali.


Contatti

Se la tua azienda impiega personale straniero qualificato o intende presentare nuove petizioni H-1B, è consigliabile analizzare subito le implicazioni della nuova normativa.
Il team di Link2America Inc. offre consulenza e aggiornamenti costanti su visti, compliance e strategie di assunzione internazionale.

Contattaci per maggiori informazioni cliccando qui

Pochi lo sanno, ma gli italiani hanno un accesso diretto alla residenza a Panama da oltre 50 anni

🇮🇹 Perché trasferirsi a Panama: guida per gli italiani


1. Introduzione

Negli ultimi anni Panama è diventata una delle destinazioni più interessanti per chi cerca nuove opportunità di vita e di business fuori dall’Europa. La sua posizione strategica al centro delle Americhe, la stabilità politica ed economica, un regime fiscale vantaggioso e una comunità internazionale vivace rendono questo Paese una porta d’ingresso ideale verso i mercati di Nord e Sud America.

Per gli italiani, Panama offre un vantaggio unico: un accordo bilaterale del 1966 che garantisce una via semplificata per ottenere la residenza permanente. Un’opportunità rara che unisce benefici fiscali, qualità della vita e possibilità concrete di investimento.


2. Vita a Panama: qualità e aspetti sociali

  • Stabilità politica ed economica: Panama utilizza il dollaro USA come valuta ufficiale di fatto, garantendo sicurezza monetaria e inflazione contenuta.
  • Costo della vita: rispetto alle grandi città italiane (Milano, Roma), vivere a Panama può risultare dal 20% al 40% meno costoso, specialmente per servizi domestici e assistenza.
  • Sanità e istruzione: presenza di cliniche private moderne e scuole internazionali di ottimo livello.
  • Stile di vita: clima tropicale, mare caraibico e oceano pacifico a poche ore di distanza, alta qualità della vita per expat.

3. La comunità italiana a Panama

Gli italiani a Panama sono circa 15.000 residenti ufficiali, ma si stima che la comunità reale superi le 25.000 personeincludendo imprenditori, professionisti e pensionati.

  • La Camera di Commercio Italo-Panamense e l’Ambasciata d’Italia a Panama City supportano attivamente chi vuole trasferirsi.
  • Numerosi ristoranti e attività italiane: dalla ristorazione all’immobiliare, dalla moda ai servizi finanziari.
  • Eventi culturali e network professionali facilitano l’inserimento sociale.

In breve: a Panama è facile sentirsi “a casa”, grazie a una comunità ben radicata e rispettata.


4. Residenza e visti: accordi speciali per gli italiani

Il vantaggio più rilevante per un italiano che vuole trasferirsi è la Convenzione Italia–Panama del 1966, che permette ai cittadini italiani di ottenere residenza permanente senza le restrizioni previste per altre nazionalità.

Principali opzioni di residenza per italiani:

  • Residenza Permanente da Convenzione Italia: procedura semplificata e tempi rapidi.
  • Visa Pensionado: per pensionati con reddito minimo garantito (da €1.000/mese). Include sconti su trasporti, ristoranti e servizi.
  • Friendly Nations Visa: possibilità di ottenere residenza tramite investimento o attività professionale.

Documenti tipici richiesti: passaporto, certificato penale, prova di reddito o pensione, certificati notarili.


5. Vantaggi fiscali

Panama applica un sistema di tassazione territoriale: si pagano tasse solo sui redditi generati all’interno del Paese.

  • Nessuna tassazione sui redditi prodotti all’estero (es. pensioni, dividendi, redditi immobiliari fuori da Panama).
  • Tassazione favorevole per società, con aliquote competitive.
  • Accordi internazionali contro la doppia imposizione (tra cui quello con l’Italia).

Tabella comparativa (semplificata):

VoceItaliaPanama
Imposta reddito persone fisiche23% – 43% a scaglioni0% redditi esteri / 15–25% redditi locali
Tassazione pensioni estereSì, in base al reddito complessivoNo (esenti se provenienti dall’estero)
IRES / Imposta società24% (+ IRAP 3,9%)25% (solo redditi locali)
IVA22%7% (ITBMS)
Patrimoniale / imposta su beniSì (IMU, bollo, ecc.)No patrimoniale, immobiliari minime

6. Opportunità di business

Grazie alla sua posizione e al Canale, Panama è uno degli hub logistici più importanti al mondo.

Settori chiave per imprenditori italiani:

  • Logistica e trasporti: grazie a porti e free zones.
  • Immobiliare e costruzioni: mercato residenziale e turistico in crescita.
  • Servizi professionali e finanziari.
  • Food e ristorazione italiana: la cucina italiana è amatissima e rappresenta un investimento con alto potenziale di successo.

7. Come iniziare con Link2Panama

Link2America, attraverso il progetto Link2Panama, offre supporto completo per:

  1. Consulenza legale e immigrazione → residenza, permessi di lavoro, visti.
  2. Apertura società → strutture legali, segreteria, fiscalità.
  3. Servizi immobiliari Servizi Immobiliari
  4. Networking con la comunità italiana e locale.


8. Conclusione

Trasferirsi a Panama non significa solo godere di un regime fiscale favorevole: è un’opportunità di vita, di crescita professionale e di stabilità. La forte comunità italiana, gli accordi bilaterali unici e un’economia dinamica rendono Panama una scelta privilegiata per chi guarda oltre i confini europei.

👉 Per maggiori informazioni o supporto personalizzato ti invitiamo a contattarci tramite la pagina dedicatalink2america.us/contatti.
Se hai domande specifiche, puoi anche consultare la sezione informativa: link2america.us/panama.


Chef e professionisti della ristorazione: quali visti per lavorare negli USA?

Accedere al mercato americano come chef o come professionista del settore ristorativo richiede una valutazione attenta delle diverse tipologie di visto disponibili. L’articolo analizza nel dettaglio le principali opzioni previste dalla normativa statunitense, come il visto O-1 per persone con abilità straordinarie, l’H-1B per professionisti specializzati, l’E-2 per investitori, e altre soluzioni legate a specifiche collaborazioni o progetti.

Pur non essendo recente, la guida rimane uno strumento utile per comprendere meglio opportunità, requisiti e percorsi da seguire per chi sogna di portare il proprio talento negli Stati Uniti.

👉 Clicca qui per leggere l’articolo completo e approfondire tutte le possibilità

Portare la produzione negli Stati Uniti: il prestito agevolato SBA 7(a) per le aziende italiane

Negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno rafforzato le politiche di attrazione degli investimenti esteri, offrendo strumenti concreti per le aziende straniere – anche italiane – che intendono rilocalizzare la produzione sul territorio americano. Tra queste opportunità spicca il programma SBA 7(a), un finanziamento agevolato garantito dal governo federale USA, pensato per sostenere l’espansione di attività imprenditoriali negli Stati Uniti.

Cos’è il programma SBA 7(a)?

Il 7(a) Loan Program è il principale strumento di finanziamento della Small Business Administration (SBA), l’agenzia governativa americana dedicata al sostegno delle piccole e medie imprese.
Consente di ottenere fino a 5 milioni di dollari per investimenti in macchinari, immobili, capitale circolante, espansione operativa o anche per l’acquisizione di aziende esistenti.

Pur essendo un’iniziativa americana, possono accedervi anche aziende italiane che abbiano già costituito una filiale attiva negli USA, come una LLC o C-Corp, con sede operativa effettiva (es. magazzino, uffici, personale, ecc.).


A cosa serve il prestito SBA?

Il finanziamento può essere utilizzato per:

  • Trasferire o avviare la produzione direttamente negli USA
  • Acquistare macchinari, attrezzature, impianti
  • Acquisire immobili commerciali o capannoni industriali
  • Coprire le spese di avviamento e capitale circolante
  • Acquisire un’azienda americana già avviata (ottima strategia d’ingresso)

Le condizioni principali

  • Importo massimo finanziabile: fino a 5 milioni di dollari
  • Durata: fino a 25 anni per gli immobili, 10 anni per macchinari o capitale circolante
  • Tasso d’interesse medio: tra l’11% e il 12,5% annuo (variabile, legato al Prime Rate)
  • Garanzia: la SBA copre fino al 75-85% del prestito con garanzia federale

Non è un contributo a fondo perduto, ma un prestito agevolato con accesso facilitato grazie alla garanzia dello Stato.


Requisiti minimi

Per accedere al finanziamento SBA 7(a), è necessario:

  • Avere una società legalmente costituita negli Stati Uniti, anche controllata da una holding italiana
  • Dimostrare l’operatività reale sul suolo americano (filiale attiva in uno stato come Florida, Texas, Georgia, ecc.)
  • Presentare un business plan strutturato, con proiezioni finanziarie realistiche
  • Dimostrare la capacità di rimborso del finanziamento
  • In alcuni casi, è richiesta la presenza di almeno un socio residente negli USA (non obbligatorio, ma vantaggioso)

Perché conviene spostare la produzione negli USA

Spostare parte o tutta la produzione negli Stati Uniti consente di:

  • Ridurre i costi doganali e logistici sull’export
  • Accedere più facilmente ai grandi clienti americani e ai bandi pubblici
  • Posizionare il proprio brand come prodotto made in USA
  • Usufruire di altri incentivi locali (statali e regionali)
  • Costruire una presenza stabile nel mercato più grande del mondo

Link2America: il partner operativo per ottenere il tuo SBA Loan

Accedere a un finanziamento SBA richiede esperienza, competenza e relazioni con i giusti partner finanziari.
Link2America ti affianca in ogni fase del percorso:

  • Analisi preliminare del tuo progetto industriale
  • Costituzione o ottimizzazione della tua struttura societaria USA
  • Redazione di un business plan conforme ai criteri SBA
  • Selezione del lender più adatto
  • Supporto nella preparazione e presentazione della domanda

Lavoriamo al fianco di PMI, gruppi industriali, investitori e artigiani italiani che vogliono crescere negli Stati Uniti con una struttura solida e finanziariamente sostenibile.


Vuoi saperne di più?

Contattaci oggi per una valutazione gratuita del tuo progetto e scopri come possiamo aiutarti a ottenere un finanziamento SBA 7(a) e portare la tua produzione direttamente negli USA.

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Dazi USA sulle esportazioni dall’Italia: situazione attuale per settori chiave…

Settore Agroalimentare (Food & Beverage)

Negli Stati Uniti i prodotti agroalimentari italiani erano tradizionalmente soggetti a dazi MFN (Nazione più favorita) relativamente bassi, con eccezioni su alcuni prodotti. Ad esempio, il vino italiano paga un dazio base molto contenuto (circa 1-2% del valore, in forma di pochi centesimi al litro), mentre i formaggi sono gravati da dazi più elevati e contingenti tariffari (quote) – il che può tradursi in tariffe effettive anche attorno al 20-40% fuori quota.L’olio d’oliva italiano entrava finora esente da dazi (0%). Dal aprile 2025, però, gli USA hanno introdotto un dazio addizionale generale del +10% su (quasi) tutte le importazioni, inclusi i prodotti alimentari. Ciò significa che attualmente vino, pasta, olio, etc. scontano un +10% oltre ai dazi base. Per i formaggi, già tassati pesantemente, l’aliquota complessiva può arrivare “fino al 40%”Questa misura rientra nei “dazi reciproci” voluti dall’amministrazione USA e potrebbe aumentare al 20% per l’UE dopo luglio 2025, se non si raggiungerà un accordo. In passato, alcuni prodotti italiani erano stati colpiti da dazi aggiuntivi del 25% (ad esempio Parmigiano Reggiano, pecorino, liquori, salumi) dal 18 ottobre 2019 nell’ambito della disputa Airbus/Boeing; tali tariffe sono state sospese a giugno 2021 grazie a una tregua quinquennale USA-UE. Attualmente, quindi, l’unico dazio extra in vigore sui prodotti agroalimentari UE è il +10% generale citato sopra (in assenza, per ora, del +20% minacciato).

Impatto: Gli esportatori italiani del comparto agroalimentare sono tra i più esposti. Coldiretti e altri enti stimano che un dazio del 20-25% sui cibi e vini italiani potrebbe ridurre pesantemente la competitività. Secondo Unimpresa, un dazio del 25% metterebbe a rischio circa 1,8-2 miliardi di euro l’anno di export agroalimentare italiano (su ~7,8 mld € di export annuo verso gli USA). Prodotti simbolo come il vino (1,7 mld € l’anno di export verso USA) rischiano un forte calo di vendite – si parla di un “possibile crollo dell’export vinicolo (2 miliardi di euro solo verso gli USA)” in caso di piena applicazione delle nuove tariffe. Anche i formaggi Dop (es. Parmigiano, Grana Padano, ~340-500 mln € annui) soffrirebbero: negli anni scorsi l’imposizione del +25% aveva già eroso i margini e alzato i prezzi per i consumatori americani (fino a +1,6 miliardi € di rincari complessivi secondo Coldiretti). In generale, l’intero settore agroalimentare (food & beverage) italiano vede circa 8 miliardi di export annuo in giocoNel breve termine alcune aziende hanno anticipato le spedizioni (stock) prima dell’entrata in vigore dei dazi, attenuando l’impatto immediato. Tuttavia, nel medio-lungo termine l’aumento dei prezzi di circa +10-20% potrebbe spostare parte della domanda USA verso prodotti concorrenti di altri Paesi o domestici. L’effetto finale stimato è una riduzione dell’export agroalimentare italiano negli USA di circa -6,5% con dazio +10% e fino a -10% con dazio al 20%, salvo accordi che scongiurino questi balzelli.

Settore Moda e Lusso (Abbigliamento, Calzature, Pelletteria)

I prodotti del sistema moda Made in Italy – abbigliamento, calzature, pelletteria – attualmente scontano negli USA dazi MFN non trascurabili, generalmente dal ~5% fino a 12% (a seconda dei materiali e capi). Ad esempio, gli abiti in tessuto, la maglieria e molti articoli di abbigliamento pagano dazi US intorno al 10-12%, mentre per calzature in pelle e accessori in cuoio le tariffe sono spesso nell’ordine dell’8-10%. Queste aliquote base erano stabili da anni; anzi, gli Stati Uniti applicano tradizionalmente tariffe anche più alte dell’Unione Europea su molti articoli moda (nel 61% delle categorie calzature e 54% dell’abbigliamento, i dazi USA superano quelli UE)Nessun aumento settoriale specifico è avvenuto di recente per il fashion – il settore non era coinvolto nei dazi punitivi Airbus né in dispute analoghe. Tuttavia, dal 5 aprile 2025 anche la moda italiana rientra nel dazio addizionale generale +10% imposto dagli USA. Ciò significa che, ad esempio, un capo d’abbigliamento Made in Italy precedentemente soggetto a 12% ora viene tassato ~22%; una borsa in pelle dal 8% passa ~18%, ecc. A fine maggio 2025 questi dazi aggiuntivi erano temporaneamente annullati da una sentenza della Corte del Commercio Internazionale USA, ma la decisione è stata subito sospesa in appello e le tariffe restano in vigore. L’aliquota extra per l’UE potrebbe salire al 20% dopo luglio, portando ad esempio i dazi sui vestiti attorno al 30% totale. Va notato che i settori lusso e alta moda spesso hanno margini più alti e una clientela disposta a pagare, quindi potrebbero assorbire parte dei costi senza trasferirli interamente sui prezzi finali.

Impatto: Gli Stati Uniti sono un mercato fondamentale per la moda italiana (abbigliamento e accessori “alto di gamma” in particolare). Un rincaro tariffario rischia di frenare la crescita in questo comparto: i prodotti di fascia medio-alta vedrebbero i prezzi al dettaglio salire sensibilmente, potenzialmente riducendo i volumi. Le stime del governo indicano un possibile calo dell’export complessivo (tutti i settori) di ~-6,5% con dazi al 10%. Per la moda il contraccolpo potrebbe essere leggermente attenuato dalla forza dei brand e dall’elasticità relativamente bassa per i beni di lusso, ma comunque significativo. Le aziende più piccole, meno note, potrebbero soffrire di più la perdita di competitività prezzo. In sintesi, i dazi aggiuntivi rischiano di erodere la quota di mercato dei prodotti italiani a vantaggio sia dei concorrenti locali statunitensi sia di fornitori di Paesi non colpiti (es. partner commerciali con accordi di libero scambio con gli USA). Se invece le tariffe venissero rimosse tramite accordo, si eviterebbe questo impatto negativo e le imprese italiane continuerebbero a beneficiare della domanda americana in forte crescita (nel 2024 l’export italiano di moda negli USA era in aumento a doppia cifra percentuale).

Settore Tecnologia e Macchinari Elettronici

In ambito tecnologico e dei macchinari ad alto contenuto tecnologico (macchine elettriche, apparecchiature elettroniche, elettrodomestici, strumenti di precisione, ecc.), gli Stati Uniti storicamente applicano dazi MFN molto bassi. Molti prodotti high-tech rientrano in accordi internazionali come l’ITA (Information Technology Agreement) e sono esenti da dazi: ad esempio componenti elettronici, computer, semiconduttori, apparecchi medicali pagano spesso 0% di tariffa all’import negli USA. In media, il livello tariffario americano sui beni industriali non agricoli era solo ~2%. Anche per i macchinari elettrici e strumentazioni italiane, quindi, il dazio base è tipicamente tra 0 e 5%. Fino al 2024 non vi sono stati cambiamenti tariffari rilevanti per questo settore: né i dazi anti-Cina (Section 301) né le dispute commerciali recenti riguardavano il Made in Italy tecnologico. Tuttavia, come tutti i settori, anche quello tech è ora colpito dal dazio generale USA introdotto nel 2025: attualmente si applica un +10% aggiuntivo sulle importazioni dall’Italia. Ad esempio, un apparecchio domestico o un macchinario industriale che prima entrava a dazio zero ora sconta un 10%. Per alcuni Paesi alleati con surplus minore (es. Regno Unito, Brasile) gli USA hanno mantenuto solo il +10%, mentre per l’Unione Europea è in teoria previsto un +20% (attualmente sospeso fino a fine luglio in attesa di negoziati). Se tale aliquota maggiorata entrasse in vigore, i prodotti tecnologici italiani finora duty-free sarebbero soggetti a 20% di dazio. Da segnalare che rimangono esenti da qualunque tariffa alcune categorie strategiche (menzionate nell’Executive Order americano) come i semiconduttori e i prodotti farmaceutici – ciò favorisce Paesi con forte export farmaceutico come l’Irlanda, ma interessa in parte anche l’Italia (per i macchinari medicali e la farmaceutica, già a dazio zero).

Impatto: Nel breve periodo l’effetto sui macchinari tecnologici italiani è stato limitato: molti importatori americani hanno accelerato gli acquisti nel primo trimestre 2025 (+11,8% di export italiano verso USA nei primi 3 mesi) in previsione dei dazi, facendo scorta. Questo ha temporaneamente sostenuto i volumi. Sul medio termine, però, un dazio permanente del 10-20% potrebbe rendere meno convenienti le macchine e apparecchiature italiane. La domanda americana potrebbe spostarsi verso fornitori alternativi: ad esempio produttori statunitensi (se esistenti per quello specifico bene) oppure forniture da Paesi con accordi di libero scambio che li esentano dai dazi (come Canada, Messico, Corea, ecc.). Va detto che il campo dei macchinari high-tech spesso vede l’Italia eccellere in nicchie altamente specializzate (automazione, packaging, ecc.) dove la sostituzione non è immediata. Pertanto l’impatto stimato è moderato ma non nullo: un’analisi economica prevede che un dazio del 20% trasferito parzialmente sui prezzi finali (+15% effettivo) potrebbe, in settori con alta elasticità, ridurre le esportazioni di diversi punti percentuali nel lungo periodo. In definitiva, le aziende italiane del comparto tecnologico potrebbero vedere una crescita più lenta negli USA e una pressione a spostare parte delle vendite verso mercati alternativi, qualora i dazi USA rimanessero in vigore a lungo. Viceversa, un’eventuale rimozione dei sovra-dazi riporterebbe immediatamente questo settore a dazi zero, ripristinando le condizioni di libera concorrenza pre-2025.

Settore Macchinari (Industriali e Agricoli)

I macchinari “non elettrici” – ad esempio macchine utensili, impianti industriali, pompe, valvole, macchine per imballaggio – costituiscono una voce fondamentale dell’export italiano. Gli Stati Uniti applicano dazi MFN molto contenuti su queste apparecchiature: spesso 0% (molte macchine industriali entrano senza dazio) oppure aliquote ridotte (2-5%). Anche i macchinari agricoli (trattori, mietitrebbie, ecc.) godevano tradizionalmente di dazio zero negli USA. Dal 2018 era in vigore un dazio del 25% su alcuni prodotti in acciaio e alluminio (Section 232) che colpiva indirettamente anche i macchinari contenenti tali metalli, ma l’UE aveva ottenuto una quota esente dal 2021. Nel febbraio 2025 gli Stati Uniti hanno però ripristinato integralmente i dazi 232: acciaio e alluminio europei ora pagano di nuovo il 25% senza esenzioni. Ciò ha aumentato i costi dei semilavorati metallici. Inoltre, da aprile 2025 tutti i macchinari dall’Italia scontano il dazio addizionale 10% già citato. I macchinari industriali, essendo beni “non di consumo”, non erano mai stati oggetto di tariffe punitive mirate sotto Trump 1 (eccetto il caso dei macchinari per l’industria aeronautica coinvolti indirettamente nel contenzioso Airbus). Dunque le principali modifiche recenti per questo settore sono: (1) il +10% generale in vigore da aprile 2025 (potenzialmente +20% dopo luglio per l’UE), e (2) il ripristino dei dazi 25% su acciaio/alluminio (marzo 2025), che incide soprattutto sulle forniture di materie prime e componenti metalliche. Nota: Separatamente, gli Stati Uniti hanno introdotto dal 3 aprile 2025 un dazio del 25% sulle automobili e componenti auto importate. Ciò riguarda l’industria automotive europea (ad es. penalizzando anche esportazioni di auto di lusso prodotte in Italia e i fornitori italiani di parti per autovetture) ma, strettamente parlando, rientra nei mezzi di trasporto più che nei macchinari generici.

Impatto: I macchinari industriali rappresentano circa il 20% dell’export italiano negli USA e hanno trainato la crescita negli ultimi anni. Un dazio aggiuntivo del 10-20% rischia di ridurre la competitività di queste apparecchiature, in particolare nei settori dove esistono competitor americani. Ad esempio, per i macchinari agricoli, produttori locali come John Deere o Caterpillar potrebbero beneficiare di un vantaggio di prezzo sul mercato domestico rispetto ai costruttori italiani. I player italiani (trattori di nicchia, attrezzature per vigneti, macchine alimentari, ecc.) potrebbero perdere ordini o vedere compressi i margini se decidono di assorbire parte del dazio per mantenere i prezzi. Il Ministro delle Imprese Adolfo Urso ha avvertito che i nuovi dazi USA avranno un impatto significativo su filiere in crisi come l’automotive e relativa componentistica, che in Italia fornisce molte case europee e ora vede minacciata la domanda estera. Per gli altri comparti meccanici, al momento non si registrano cali drastici: anzi, i primi mesi del 2025 hanno visto un aumento delle consegne, segno di acquisti anticipati. Nel lungo periodo, però, gli analisti prevedono effetti negativi: le imprese europee potrebbero dover riposizionare parte delle vendite verso altri mercati e perdere quote negli USA a favore di produttori nordamericani o di Paesi esentati. Una stima del Centro Studi Confindustria indica che, considerando l’insieme dei beni meccanici ed elettronici, ben 59% dei prodotti italiani scambiati con gli USA godevano finora di un vantaggio tariffario (dazi USA più bassi di quelli UE). Questo vantaggio competitivo viene annullato dai dazi reciproci: se le tariffe rimanessero alte, circa 32 miliardi di dollari di export italianoin settori come meccanica, automotive e agroalimentare potrebbero subire contrazioni. In conclusione, l’impatto per i macchinari potrebbe manifestarsi in un rallentamento dell’export italiano verso gli USA e in investimenti di delocalizzazione (per eludere i dazi producendo in loco) qualora la barriera tariffaria persistesse a lungo. La portata effettiva dipenderà dalla durata dei dazi: uno scenario di accordo e ritiro dei dazi entro pochi mesi limiterebbe i danni, mentre un protrarsi delle tariffe potrebbe costare al settore macchinari italiano diverse centinaia di milioni di euro l’anno in mancato export.

Schema riassuntivo per settore e dazi USA

SettoreTariffa USA attuale(MFN + extra)Modifiche recenti(variazioni, aliquote, date)Impatto stimato sugli esportatori italiani
Agroalimentare – VinoDazio base basso (circa 1-2% del valore); +10% aggiuntivo attuale (possibile +20% dopo luglio 2025).+25% imposto 18/10/2019 (disputa Airbus) e rimosso luglio 2021; +10% generale in vigore da aprile 2025 (dazio 20% UE annunciato, sospeso fino a 7/2025).Prezzi +10-20% → calo competività. Export a rischio ~2 mld € (vino verso USA ~1,7 mld € annui)Stima -10% volumi se dazio 20% (–6,5% già con +10%). Possibili rincari per consumatori USA (~1,6 mld €); aziende spinte verso altri mercati.
Agroalimentare – FormaggiDazi base elevati con quote (in-quota ~15%, extra-quota anche 20-30%); attualmente +10%extra in vigore (totale fino ~40%).+25% Airbus dal 2019 su formaggi Dop (Parmigiano, etc.), sospeso 7/2021. Oggi dazio extra 10% su tutti i formaggi UE (da aprile 2025); rischio aumento al 20%.Tariffe altissime frenano l’export di Parmigiano & Co. Perdite stimate di centinaia di milioni €/anno. Unimpresa: danno diretto ~1,95 mld € annui se 25% su tutto agro. Possibile calo produzione 15-30%. Produttori temono erosione margini e quote di mercato negli USA; alcuni importatori potrebbero sostituire i formaggi italiani con alternative locali/esterne.
Moda – AbbigliamentoDazi MFN medi ~10-12%su abiti, tessili; dal 2025 +10% extra (→ effettivo ~20-22%). Potenzialmente ~30% totale se dazio UE sale al 20%.Nessun dazio punitivo settoriale pre-2025. 5/4/2025: introdotto +10% generale su abbigliamento (misura “reciprocità”). Aliquota in vigore; eventuale aumento a 20% dopo negoziati (sospeso fino a 7/2025).Prezzi retail +10-20%: rischio flessione domanda USA, specie fascia media. Governo: dazio +10% → -6,5% export totale. Brand lusso potrebbero reggere (clientela inelastica), ma marchi minori soffriranno. Possibile perdita di competitività rispetto a produttori USA o di Paesi esentati; alcuni operatori potrebbero assorbire costi riducendo margini.
Moda – Calzature/PelletteriaDazi MFN ~5-8% su calzature in pelle, ~10%+ su altre; +10% aggiuntivo in atto (→ ~15% effettivo sulle scarpe in pelle) dal 2025.Nessun aumento precedente. Aprile 2025: +10% generale applicato anche a calzature, pelletteria. (Previsione +20% UE post-luglio).Aumento costi moderato ma sensibile su borse, scarpe ecc. Possibile lieve calo vendite negli USA, specie per prodotti dal prezzo più sensibile. Le griffe alto di gamma manterranno mercato (clienti fedeli), mentre i produttori di fascia medio-bassa potrebbero perdere terreno. In prospettiva di dazio 20%, i distributori americani potrebbero ridurre gli ordini dall’Italia.
Tecnologia (Elettronica, apparecchiature)Molti prodotti high-tech dazio 0% MFN (esenti); altri apparati ~2-4%. +10% extra su quasi tutto dal 5/4/2025(UE potrebbe diventare 20%).Tariffe stabili pre-2025 (settore non colpito da trade war). Marzo-Aprile 2025: USA abbandonano MFN, introducono 10% su tutti i beni industriali. Per UE annunciato 20% (in standby fino a 7/2025). Esentate dall’aumento categorie speciali (farmaci, semiconduttori).Impatto moderato a breve termine: export tech italiano ha tenuto grazie a scorte pre-dazio. Sul lungo periodo, dazi +10-20% potrebbero spostare acquisti USA verso fornitori domestici o FTA (es. Corea, Messico). Prodotti unici italiani (macchine e strumentazione specializzata) meno sostituibili ⇒ calo contenuto. Stime economiche: con dazio 20% e pass-through parziale, prezzi USA +15% → possibile contrazione vendite a due cifre in settori ad alta elasticità. Rischio di rilocalizzazione produttiva in USA per evitare dazi se misure permanenti.
Macchinari IndustrialiDazi MFN generalmente 0-5% (molti macchinari duty-free). Dal 2025 +10% extra su tutti i macchinari UE(UE previsto 20%). Acciaio/Alluminio: dazio 25% su input metallici (232).Nessun nuovo dazio settoriale tra 2018-2024 (eccetto 232 metalli dal 2018). 1/1/2022: quota esente 232 per UE. 11/2/2025: eliminate esenzioni → acciaio/al continuano 25%. 5/4/2025: +10% import su macchinari (es. industriali)3/4/2025: +25% su autoveicoli e parti (colpisce macchine movimento terra e veicoli industriali simili).Settore cardine (~20% export ITA-USA): dazi elevati minacciano quota di mercato. Breve termine: effetti mitigati (clienti USA hanno anticipato ordini). Medio termine: macchinari italiani +10-20% più costosi → alcuni clienti potrebbero rivolgersi a fornitori USA o extra-UE. Impatto potenziale: export meccanica in calo di vari punti %, dipendente da durata dazi. Con tariffe reciproche, fino a 32 mld $ di export ITA (meccanica, trasporti, agro) esposto ad aumenti tariffari. Possibile flessione investimenti in Italia destinati al mercato USA; pressioni per delocalizzare (produzione in loco) se barriere persistenti.
Macchinari AgricoliDazio MFN tipicamente 0% su trattori e macchine agricole; dal 2025 soggetti al +10% aggiuntivo (→ 10% effettivo) in vigore, potenzialmente 20%.

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Internazionalizzazione PMI Lombarde: Nuove Opportunità con il Bando “Verso Nuovi Mercati”

Regione Lombardia: Bando “Verso Nuovi Mercati” – Domande dal 3 Giugno 2025

La Regione Lombardia ha lanciato il bando “Verso Nuovi Mercati” per sostenere l’internazionalizzazione delle micro, piccole e medie imprese lombarde. Il bando offre un supporto economico fino all’85% delle spese sostenute, suddiviso in:

  • 20% come contributo a fondo perduto
  • 65% come finanziamento agevolato (tasso fisso 1,5%, durata da 3 a 6 anni)

📅 Date di presentazione delle domande

  • Apertura: 3 giugno 2025, ore 10:30
  • Chiusura: 9 settembre 2025, ore 12:00

Le domande devono essere presentate attraverso la piattaforma Bandi e Servizi della Regione Lombardia.

🔍 Spese ammissibili

  • Consulenze per la definizione del piano di internazionalizzazione
  • Marketing e comunicazione sui mercati esteri
  • Certificazioni per prodotti destinati all’estero
  • Adeguamento prodotti/servizi ai mercati esteri
  • Showroom temporanei e virtuali
  • Formazione specifica del personale aziendale
  • Personale dedicato al progetto (20% forfettario)
  • Costi indiretti (7% forfettario)

💡 Come possiamo aiutarvi

Link2America è al vostro fianco per:

  • Valutare preventivamente la fattibilità del vostro progetto
  • Supportarvi nella preparazione della documentazione necessaria
  • Assistervi nella presentazione della domanda
  • Fornire supporto durante l’implementazione e la rendicontazione del progetto

Per velocizzare le nostre risposte e ottenere rapidamente una valutazione preliminare, vi invitiamo a compilare il form disponibile al seguente link:

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📘 Guida Completa alla Green Card e ai Visti per Vivere e Lavorare negli Stati Uniti

Trasferirsi negli Stati Uniti è un sogno per molti, ma per trasformarlo in realtà è fondamentale comprendere le diverse opzioni disponibili per ottenere una Green Card (residenza permanente) o un visto che consenta di vivere e lavorare legalmente nel Paese.​


📊 Quante Green Card vengono rilasciate ogni anno?

Ogni anno, gli Stati Uniti rilasciano circa 1 milione di Green Card. Le principali categorie includono:​

  • Green Card per motivi familiari: circa 480.000, con un minimo garantito di 226.000, a seconda del numero di familiari diretti ammessi l’anno precedente.
  • Green Card per motivi di lavoro: fino a 140.000, con la possibilità di aumentare se ci sono visti inutilizzati da altre categorie.
  • Diversity Visa (DV Lottery): 55.000 Green Card assegnate annualmente a cittadini di Paesi con bassi tassi di immigrazione verso gli USA. ​

È importante notare che esistono limiti per Paese, che impediscono a una singola nazione di ricevere più del 7% delle Green Card disponibili in ciascuna categoria, contribuendo a creare lunghe liste d’attesa per Paesi con alta domanda, come India, Cina e Messico. ​


🟢 Come Ottenere la Green Card: Tutti i Percorsi Possibili

1. Green Card per Familiari

I cittadini statunitensi e i residenti permanenti possono sponsorizzare determinati familiari per ottenere una Green Card:​

  • Cittadini USA: possono sponsorizzare coniugi, figli non sposati sotto i 21 anni, genitori (se il cittadino ha almeno 21 anni) e fratelli/sorelle.
  • Residenti permanenti (Green Card holders): possono sponsorizzare coniugi e figli non sposati di qualsiasi età.​

Le categorie di visti familiari includono:​

  • IR1/CR1: coniugi di cittadini USA
  • IR2: figli non sposati di cittadini USA
  • IR5: genitori di cittadini USA
  • F1, F2A, F2B, F3, F4: altre categorie familiari con limiti annuali e tempi di attesa variabili USCIS

2. Green Card per Motivi di Lavoro

Esistono cinque categorie principali di visti basati sull’impiego:​

  • EB-1: lavoratori con abilità straordinarie, professori e ricercatori di spicco, manager e dirigenti multinazionali
  • EB-2: professionisti con titoli avanzati o abilità eccezionali
  • EB-3: lavoratori qualificati, professionisti e altri lavoratori
  • EB-4: immigrati speciali, come lavoratori religiosi
  • EB-5: investitori che creano almeno 10 posti di lavoro a tempo pieno negli USA ​

3. Green Card tramite il Programma Diversity Visa (DV Lottery)

Ogni anno, il governo degli Stati Uniti mette a disposizione fino a 55.000 Green Card attraverso una lotteria per persone provenienti da Paesi con bassi tassi di immigrazione verso gli USA. I requisiti principali includono:​

  • Essere nati in un Paese eleggibile
  • Avere almeno un diploma di scuola superiore o due anni di esperienza lavorativa in un’occupazione qualificata ​

4. Altri Percorsi per la Green Card

  • Asilo o status di rifugiato: dopo un anno di residenza negli USA, è possibile richiedere la Green Card
  • Status U o T: per vittime di crimini o tratta di esseri umani
  • VAWA: per vittime di violenza domestica
  • Registry: per chi risiede continuativamente negli USA dal 1° gennaio 1972 ​

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Navigare nel complesso sistema di immigrazione degli Stati Uniti può essere difficile. Il nostro team di esperti legali è pronto ad assisterti nella scelta del percorso più adatto alle tue esigenze.​

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Obblighi fiscali USA per cittadini americani in Italia: dichiarazione dei redditi, FBAR e Streamlined Procedure

Un cittadino statunitense residente in Italia (anche se ha doppia cittadinanza italo-americana) deve comunque rispettare gli obblighi fiscali USA. Gli Stati Uniti applicano infatti la tassazione su base cittadinanza e non solo residenza, il che significa che tutti i cittadini americani, ovunque vivano, sono tenuti a dichiarare i propri redditi globali al fisco USA​ . Di seguito illustriamo in dettaglio quali dichiarazioni vanno presentate, le soglie di reddito per l’anno fiscale 2023, chi può evitare di presentare la dichiarazione, gli obblighi relativi all’FBAR (Foreign Bank Account Report), le sanzioni per dichiarazioni non presentate da 1 a 5 anni, e come regolarizzarsi tramite le Streamlined Filing Compliance Procedures (procedure semplificate per il rientro in regola).

Obblighi generali per cittadini americani all’estero

Tutti i cittadini statunitensi, anche se residenti all’estero, devono presentare la dichiarazione dei redditi USA se il loro reddito annuo supera determinate soglie. In linea generale, un americano in Italia deve inviare ogni anno all’IRS il modello 1040 (U.S. Individual Income Tax Return) dichiarando il reddito mondiale (worldwide income) percepito, analogamente a chi risiede negli Stati Uniti​i. Questo include redditi da lavoro dipendente, autonomo, pensioni, investimenti, affitti, ecc., indipendentemente dal Paese di origine del reddito.

Vale la pena notare che anche i redditi esteri esenti o esclusi devono essere considerati nel determinare l’obbligo di dichiarazione​. Ad esempio, se si intende usufruire dell’esclusione dei redditi da lavoro estero (Foreign Earned Income Exclusion) – che per il 2023 permette di escludere fino a $120.000 circa di reddito da lavoro all’estero​– bisogna comunque presentare la dichiarazione per poterne beneficiare. Allo stesso modo, i crediti d’imposta per le imposte pagate in Italia (Foreign Tax Credit) possono evitare la doppia tassazione, ma richiedono la presentazione del Form 1116 insieme al 1040. In sintesi, pagare le imposte in Italia non esonera dal dichiarare in America – occorre dichiarare tutto al fisco USA, e poi utilizzare gli strumenti previsti (esclusioni, crediti, trattati) per eliminare o ridurre l’eventuale doppia tassazione.

Chi risiede stabilmente all’estero gode di un’estensione automatica di 2 mesi per presentare il 1040 (fino al 15 giugno invece del 15 aprile), ma qualsiasi imposta dovuta deve comunque essere versata entro il 15 aprile per evitare interessi. È possibile ottenere un’ulteriore estensione fino al 15 ottobre facendone richiesta (Form 4868). Si tenga presente che dichiarare non significa necessariamente pagare: molti espatriati americani finiscono per non dover pagare tasse aggiuntive agli USA grazie alle esclusioni o ai crediti d’imposta, ma devono comunque rispettare l’obbligo dichiarativo.

Soglie di reddito minimo per l’obbligo di dichiarazione (2023)

L’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi federale statunitense dipende principalmente da redditostato fiscale(filing status) e età. Le soglie minime di reddito lordo annuo per l’anno fiscale 2023 (dichiarazione da presentare nel 2024) sono riepilogate di seguito:

  • Single (celibe/nubile): $13.850 (se di età inferiore a 65 anni); $15.700 (se ≥65 anni)​.
  • Married Filing Jointly (coniugato, dichiarazione congiunta): $27.700 (entrambi i coniugi <65 anni); $29.200 (se uno dei coniugi ha ≥65 anni); $30.700 (entrambi ≥65 anni)​.
  • Married Filing Separately (coniugato, dichiarazione separata)$5 (soglia fissa, a qualsiasi età). ⚠ Nota: se uno dei coniugi presenta una dichiarazione separata e utilizza le deduzioni dettagliate, l’altro coniuge deve presentare la propria dichiarazione separata indipendentemente dal reddito (la soglia di $5 deriva dal fatto che in tal caso non è consentito usufruire della deduzione standard completa).
  • Head of Household (capofamiglia, con figlio/a a carico): $20.800 (<65 anni); $22.650 (se ≥65 anni)​.
  • Qualifying Surviving Spouse (coniuge superstite con figlio a carico, equiparato a Married Filing Jointly): $27.700 (<65 anni); $29.200 (se ≥65 anni).

Le cifre sopra riportate corrispondono essenzialmente alla deduzione standard prevista per il 2023 in base allo status fiscale, oltre all’eventuale maggiorazione per età (65+). Chi ha un reddito lordo pari o superiore a tali soglie deve presentare il 1040​. Ad esempio, un cittadino single sotto i 65 anni che nel 2023 ha percepito più di $13.850 è obbligato a presentare la dichiarazione dei redditi USA.

Altri casi particolari: indipendentemente dal reddito, chiunque abbia guadagnato almeno $400 da lavoro autonomo(self-employment) nel 2023 deve presentare la dichiarazione, poiché soggetto al pagamento di contributi previdenziali (Self-Employment Tax)​. Inoltre, esistono soglie specifiche più basse per i contribuenti a carico (dependents) di altri, e obblighi di dichiarazione anche in presenza di particolari crediti/imposte (ad es. riscossione di pensione USA, ritenute subite che si vogliono recuperare, ecc.). Nella maggior parte dei casi però, per un adulto non a carico residente all’estero valgono le soglie standard sopra elencate.

Chi può essere esente dall’obbligo dichiarativo

Non esistono eccezioni di nazionalità – un americano deve dichiarare indipendentemente dal fatto che abbia doppia cittadinanza o residenza estera. Tuttavia, alcuni contribuenti all’estero potrebbero non dover presentare la dichiarazione in base al livello di reddito o ad altre condizioni. In particolare, chi ha un reddito lordo annuo inferiore alle soglie minime viste sopra non è tenuto a presentare il 1040​. Ad esempio, un cittadino single under-65 con reddito 2023 di soli $10.000 non raggiunge la soglia e quindi teoricamente non ha obbligo di dichiarare.

Sono esonerati di fatto anche coloro che non hanno percepito alcun reddito durante l’anno (reddito zero). Attenzione però: sebbene l’obbligo legale decada sotto le soglie, può comunque convenire volontariamente presentare la dichiarazione in alcuni casi. Ad esempio, se sono state subite ritenute su redditi USA (withholding taxes) o se spettano crediti rimborsabili (come l’Earned Income Credit), l’unico modo per ottenere il rimborso è presentare la dichiarazione anche con reddito basso. Inoltre, presentare regolarmente le dichiarazioni anche con imposta nulla può essere utile per mantenere un track record di conformità fiscale.

In sintesi, è esente dall’obbligo solo chi nell’anno non supera le soglie di reddito (al netto di particolari situazioni) e non ricade in altri requisiti specifici. Ad ogni modo, restare sotto la soglia non esonera dagli obblighi informativi estericome l’FBAR o il Form 8938 se applicabili (vedi sezioni successive).

Obbligo di dichiarazione dei conti esteri (FBAR)

Oltre alla dichiarazione dei redditi, un cittadino americano in Italia deve prestare attenzione agli obblighi di reporting dei conti finanziari esteri. In particolare, la normativa del Bank Secrecy Act impone la presentazione annuale del FBAR(Foreign Bank Account Report, modulo FinCEN *114) per chi possiede conti o attività finanziarie all’estero che superano certe soglie. Se il valore aggregato di tutti i conti esteri di cui si ha titolarità o firma supera $10.000 in qualsiasi momento dell’anno solare, occorre presentare l’FBAR​.

Questo significa che anche solo per un giorno nell’anno in cui la somma dei saldi su conti esteri (conti correnti, depositi, conti titoli, ecc.) ha oltrepassato $10.000, scatta l’obbligo di segnalazione. Tutti i cittadini e residenti U.S.A. sono soggetti a tale obbligo, indipendentemente dal Paese di residenza. Ad esempio, un americano residente in Italia con un conto bancario italiano e un conto titoli estero, i cui saldi combinati hanno raggiunto €9.500 (circa $10.300) a un certo punto, deve inviare l’FBAR.

L’FBAR non va allegato alla dichiarazione dei redditi IRS, ma trasmesso separatamente online al Dipartimento del Tesoro (FinCEN) attraverso il sistema BSA E-Filing​. La scadenza è il 15 aprile dell’anno successivo, con proroga automatica al 15 ottobre se non viene presentato entro aprile​i. Nell’FBAR vanno indicati i dettagli di ogni conto estero: istituto finanziario, numero di conto, massimo valore raggiunto nell’anno, ecc. È un adempimento solo informativonon comporta il pagamento di imposte, ma servono a comunicare all’autorità USA l’esistenza dei beni finanziari detenuti all’estero.

Da non confondere con l’FBAR è il Form 8938 (FATCA), ovvero il modulo per dichiarare attività finanziarie estere nel dettaglio, da allegare al 1040 in caso di consistenti patrimoni esteri (soglie molto più alte, es. $200.000 per single residenti all’estero)​. Il Form 8938 non sostituisce l’FBAR: un contribuente con molti assets potrebbe dover presentare entrambi. In pratica, quasi ogni americano in Italia con più di $10k in banca compilerà l’FBAR; solo chi detiene patrimoni ingenti compila anche il 8938.

Sanzioni FBAR: la mancata presentazione dell’FBAR è perseguita severamente. In caso di violazione non volontaria (non-willful), è prevista una sanzione civile fino a $10.000 per ogni anno non segnalato​. Se invece l’omissione è ritenuta volontaria (willful) – ad esempio un conto estero occultato intenzionalmente – le sanzioni possono salire al 50% del saldo del conto per ogni anno di violazione, o $100.000 (aggiustati per inflazione) per ciascun conto, se maggiore​. Inoltre, in casi gravi possono applicarsi sanzioni penali (multa e carcere). Va sottolineato che tali pene sono evitabili aderendo alle procedure di regolarizzazione volontaria (si veda più avanti lo Streamlined), mentre diventano molto probabili se l’IRS/Fincen scopre le omissioni prima che il contribuente si faccia avanti.

Sanzioni per mancata presentazione della dichiarazione USA (1–5 anni)

Il mancato adempimento degli obblighi dichiarativi verso il fisco americano può comportare una serie di conseguenze finanziarie e legali. Di seguito esaminiamo le sanzioni e implicazioni in caso di omessa dichiarazione dei redditi (Form 1040) per un cittadino USA residente all’estero, distinguendo lo scenario da 1 fino a 5 anni consecutivi non dichiarati:

  1. 1 anno non dichiarato: se per un anno fiscale si era tenuti a presentare il 1040 ma non lo si è fatto, l’IRS può applicare una Failure-to-File Penalty (sanzione per omessa dichiarazione). Questa sanzione ammonta in genere al 5% dell’imposta dovuta per ogni mese (o frazione) di ritardo, fino a un massimo del 25%​. Ad esempio, se per l’anno non dichiarato risultavano $2.000 di imposte dovute, la penalità può arrivare a $500 per ogni mese di ritardo, fino a un tetto di $500 × 5 = $2.500 (pari al 125% dell’imposta dovuta, ma la legge limita al 25% del dovuto totale)​. Se il ritardo supera i 60 giorni, si applica inoltre una penale minima fissa, pari a $485 per le dichiarazioni 2023​(importo aggiornato annualmente), a meno che il 100% dell’imposta dovuta non sia inferiore. Oltre alle sanzioni, si accumulano interessi sugli importi non versati, calcolati giornalmente. Nota: se per l’anno in questione non era in realtà dovuta alcuna imposta (ad esempio, perché le tasse italiane o le esclusioni azzeravano il debito fiscale USA), non viene applicata la sanzione percentuale (calcolata sull’imposta non pagata, che è zero). Tuttavia, restano le possibili sanzioni fisse dopo 60 giorni e, soprattutto, si perde il diritto ad eventuali rimborsi spettanti per ritenute o crediti in quell’anno se la dichiarazione non viene presentata entro 3 anni.
  2. 2 anni consecutivi non dichiarati: omettere due dichiarazioni di seguito comporta essenzialmente l’estensione delle sanzioni a ciascun anno. L’IRS può applicare fino al 25% di penalità sull’imposta dovuta di ogni anno​, con interessi che continuano a maturare su entrambe le annualità non pagate. Dopo il primo anno saltato, l’IRS invia di norma un avviso di mancata presentazione (Notice) se ha evidenza di redditi (ad es. da moduli W-2, 1099, o segnalazioni bancarie FATCA). Se il contribuente ignora anche il secondo anno, l’IRS potrebbe intraprendere azioni più decise. In alcuni casi l’IRS procede a predisporre una dichiarazione d’ufficio chiamata SFR (Substitute for Return) stimando il reddito sulla base dei dati disponibili – spesso senza considerare deduzioni o crediti, generando quindi un elevato debito d’imposta. Con due anni di omissioni, il debito fiscale (se presente) raddoppia e così le relative sanzioni, e il contribuente inizia a profilarsi come inadempiente abituale, attirando maggiore attenzione.
  3. 3 anni consecutivi non dichiarati: superata la soglia del terzo anno, le conseguenze si aggravano ulteriormente. Innanzitutto, non c’è prescrizionel’IRS può legalmente esigere le dichiarazioni omesse anche a distanza di molti anni, poiché il termine ordinario di accertamento (3 anni) non inizia nemmeno a decorrere finché la dichiarazione non viene presentata. In pratica, gli anni non dichiarati restano “aperti” indefinitamente. Dopo 3 anni, l’IRS generalmente insiste per una regolarizzazione delle ultime 6 annualità (politica interna nota è di richiedere almeno gli ultimi sei anni di dichiarazioni non presentate). Il cumulo di sanzioni per failure-to-file su 3 anni può arrivare al 75% delle imposte complessivamente dovute (25% × 3), a cui si sommano le failure-to-pay(sanzione per mancato pagamento, 0,5% al mese) e gli interessi. L’IRS potrebbe anche valutare se l’omissione ripetuta configura un comportamento volontario: se ritiene che il contribuente abbia deliberatamente evitato di dichiarare, il caso potrebbe trasformarsi in un contesto sanzionatorio più severo o addirittura penale. In questa fase, ignorare ulteriormente la situazione diventa molto rischioso, ed è fortemente consigliato intraprendere volontariamente una procedura di rientro in regola prima che l’IRS passi a misure drastiche.
  4. 4 anni consecutivi non dichiarati: con quattro annualità omesse, il profilo è di grave e prolungata inadempienza. Le sanzioni e gli interessi continuano ad aumentare su ciascun anno. L’IRS quasi certamente avrà inserito il contribuente in programmi di collections (riscossione coattiva): questo può includere l’emissione di un pegno o ipoteca fiscale (tax lien) sui beni che il contribuente possiede negli USA, o addirittura il pignoramento di eventuali redditi/somme a lui dovute da soggetti statunitensi (via levy). Per un cittadino all’estero, l’IRS può attivarsi attraverso accordi internazionali per recuperare i crediti fiscali (anche se l’efficacia dipende dal trattato con il Paese di residenza; nel caso Italia-USA esiste cooperazione in materia fiscale). Dopo 4 anni, se gli importi dovuti sono consistenti, il debito fiscale accumulato (imposte + sanzioni + interessi) potrebbe superare la soglia dei cosiddetti seriously delinquent tax debts. Dal 2015, l’IRS può segnalare al Dipartimento di Stato i contribuenti con debiti fiscali gravemente delinquenti (oltre circa $55.000 di debito), il che può portare al rifiuto di rilascio o rinnovo del passaporto e persino alla revoca di quello attuale. Questa misura è stata usata come leva coercitiva e rappresenta un serio ostacolo per chi vive all’estero. In sintesi, al quarto anno di mancata dichiarazione il contribuente rischia non solo sanzioni pecuniarie molto elevate, ma anche limitazioni dei diritti civili (es. viaggio) e un possibile contenzioso internazionale.
  5. 5 anni consecutivi (o più) non dichiarati: cinque anni di fila senza presentare dichiarazioni configurano una situazione estremamente grave. A questo punto, l’IRS potrebbe avviare un’azione penale se ritiene la condotta volontaria e fraudolenta. L’ordinamento USA prevede che l’omessa dichiarazione volontaria costituisca reato (misdemeanor): ogni anno fiscale non dichiarato intenzionalmente può comportare fino a 1 anno di carcere e $25.000 di multa federale​. In casi eccezionali, se l’evasione è ingente, si possono formulare accuse più severe (frode fiscale, false dichiarazioni) con pene detentive maggiori. Pur essendo rara la persecuzione penale per semplici omissioni non fraudolente, dopo 5 anni di inadempienza il contribuente è di fatto esposto a questo rischio, soprattutto se l’IRS rinviene elementi di volontarietà (es. corrispondenza ignorata, occultamento di attivi, consigli di consulenti poco scrupolosi, ecc.). Dal lato civile, le sanzioni finanziarie toccano l’apice: ciascuno dei 5 anni avrà accumulato il suo 25% di penale, per un totale teorico del 125% delle imposte dovute sommando gli anni (senza contare interessi e altre penalità), rendendo il debito potenzialmente superiore al reddito stesso. È evidente che una situazione del genere non è sostenibile: il cittadino rischia non solo rovina finanziaria e azioni legali, ma anche di compromettere la propria cittadinanza USA (in casi estremi di condanna penale fiscale, il governo potrebbe revocare passaporti e ostacolare il ritorno negli USA).

Riassumendo: è fondamentale non lasciare che la non-conformità si protragga. L’IRS di solito preferisce che il contribuente si faccia avanti spontaneamente per sanare la situazione, anziché dover intervenire con mezzi coercitivi. A tal fine, sono state create apposite procedure di regolarizzazione che consentono ai cittadini in difetto di mettersi in regola con sanzioni ridotte o nulle, se agiscono prima di essere formalmente contestati. Nel prossimo paragrafo esaminiamo la principale di queste soluzioni, lo Streamlined Filing Compliance Procedure.

Procedure per regolarizzarsi (Streamlined Filing Compliance Procedures)

Per i contribuenti americani all’estero che si rendono conto di non essere in regola con le dichiarazioni USA, l’IRS mette a disposizione delle procedure di “pentimento” fiscale volte a facilitare il rientro nei ranghi. La più rilevante per gli espatriati è il programma denominato Streamlined Filing Compliance Procedures (SFCP), e in particolare la sua variante per non residenti: lo Streamlined Foreign Offshore Procedure (SFOP).

Cos’è lo Streamlined? È una procedura semplificata introdotta nel 2014 che consente ai contribuenti non inadempienti in modo volontario (cioè che hanno omesso dichiarazioni per errore, ignoranza o negligenza, ma non per frode deliberata) di sanare la propria posizione fiscale con l’IRS. In sostanza, il contribuente può presentare retroattivamente le dichiarazioni mancanti e dichiarazioni di informazioni estere, pagando le eventuali imposte dovute, in cambio di una rinuncia (o forte riduzione) delle sanzioni normalmente applicabili​. Questo programma rappresenta un “percorso agevolato” per rientrare in regola volontariamente, evitando l’“avalanche” di multe che altrimenti potrebbero colpire chi ha saltato degli adempimenti​.

Requisiti chiave: per poter aderire allo Streamlined, il contribuente deve certificare che le proprie inadempienze passate non erano intenzionali (non-willful). Ciò avviene attraverso una dichiarazione giurata (Form 14653 per i non residenti) in cui si spiegano le circostanze e si afferma la buona fede​i. Inoltre, per qualificare come foreign offshore (ovvero per avere diritto al trattamento più favorevole senza penali), è necessario soddisfare il requisito di non-residenza: in almeno uno degli ultimi 3 anni fiscali, il contribuente deve essere stato fisicamente fuori dagli USA per almeno 330 giorni​ (in pratica, usufruire della definizione di residenza estera ai sensi dell’esclusione dei redditi esteri, se cittadino o residente permanente). I dual citizens che vivono stabilmente all’estero in genere rientrano in questa categoria senza problemi.

Cosa prevede la procedura Streamlined (SFOP):

  • Occorre presentare (o ripresentare, se inesatti) le ultime 3 dichiarazioni dei redditi non presentate. In particolare, i 3 anni fiscali più recenti per cui la scadenza è trascorsa devono essere preparati e inviati in forma completa (Form 1040 + eventuali allegati)​. Ad esempio, chi nel 2025 vuole aderire dovrà presentare le dichiarazioni per gli anni fiscali 2022, 2021 e 2020 (dato che la scadenza 2023 è appena passata nel 2024). Se alcune di queste erano già state presentate ma in modo incompleto (es. senza form esteri), vanno inviate come dichiarazioni integrative (Form 1040-X)​. Su ciascuna dichiarazione va apposta la dicitura “Streamlined Foreign Offshore” in evidenza​ per segnalare che rientra nella procedura speciale.
  • Bisogna compilare e inviare tutte le dichiarazioni informative estere eventualmente omesse in quegli anni. Ciò include moduli come il Form 8938 (beni finanziari esteri), il Form 114 FBAR, il Form 5471 (partecipazioni in società estere), il Form 3520/3520-A (trust e donazioni estere), ecc., se applicabili​. In particolare, è richiesto di presentare gli FBAR degli ultimi 6 anni non dichiarati​. Gli FBAR vanno inviati attraverso il portale FinCEN, selezionando la motivazione “Other” e indicando Streamlined Filing Compliance Procedures nella spiegazione del ritardo​.
  • Occorre pagare tutte le imposte dovute su quei 3 anni entro la presentazione, insieme agli interessi calcolati fino alla data di pagamento​. In pratica, si deve includere un pagamento (assegno o bonifico) per eventuali tasse USA non versate negli anni omessi – spesso però, grazie a esclusioni e crediti, questo importo risulta nullo o modesto per molti espatriati.
  • Va allegata la già citata certificazione di non volontarietà (Certification by U.S. Person Residing Outside of the U.S., Form 14653) firmata, in cui si dichiara che l’omissione di redditi, imposte e informazioni estere è dovuta a condotta non intenzionale (non-willful)​. Questo documento è cruciale: senza di esso, la pratica non verrà trattata sotto le condizioni di favore dello Streamlined.

Vantaggi dello Streamlined: se la procedura viene completata correttamente e il contribuente è ammesso, l’IRS si impegna a non imporre sanzioni per i ritardi passati sui redditi e sulle informazioni estere emerse. In particolare, per chi rientra nello Streamlined Foreign Offshore **vengono completamente azzerate le sanzioni civili normalmente applicabili (sia per failure-to-file e failure-to-pay sulle dichiarazioni, sia le sanzioni FBAR)​. Ciò significa niente multe del 5% al mese, niente $10.000 per FBAR non inviato, ecc. (Diversamente, la versione domestic per chi risiede negli USA prevede comunque una penale forfettaria del 5% sugli asset esteri non dichiarati​. Per un americano in Italia, dunque, il programma consente di mettersi in regola senza alcuna penalità, pagando al massimo le tasse dovute (spesso già pagate all’estero) più gli interessi. Questo rappresenta un’opportunità estremamente conveniente rispetto alle sanzioni potenziali illustrate prima. Inoltre, l’IRS rinuncia ad eseguire controlli ad hoc su queste pratiche: le dichiarazioni inoltrate tramite Streamlined non vengono automaticamente sottoposte ad audit, anche se rimane possibile una selezione casuale o per incongruenze come per qualsiasi dichiarazione​.

Un altro vantaggio implicito è che lo Streamlined richiede solo 3 anni di dichiarazioni pregressi e 6 di FBAR, anche se le annualità omesse erano di più. Di fatto, aderendo a questa procedura ci si “pulisce” il curriculum fiscale limitatamente a quel periodo: l’IRS in genere chiude un occhio sugli anni più vecchi (a meno che non emergano redditi enormi o frodi). Ad esempio, chi non dichiarava da 5 anni potrà sanare presentando gli ultimi 3; gli anni anteriori al terzultimo resteranno non dichiarati, ma l’IRS per prassi non li perseguiterà ulteriormente una volta accettato lo Streamlined (salvo casi di frode conclamata).

Altre procedure di regolarizzazione: oltre allo Streamlined, l’IRS offre due opzioni specifiche per particolari situazioni:

  • Le Delinquent FBAR Submission Procedures, utilizzabili se l’unica inadempienza era la mancata presentazione di FBAR (e tutte le tasse sul reddito estero erano già state pagate o non dovute). In tal caso, il contribuente può semplicemente inviare gli FBAR arretrati (con spiegazione del ritardo) e in genere nessuna sanzione sarà applicata​.
  • Le Delinquent International Information Return Submission Procedures, simili alle precedenti ma riferite ad altri moduli informativi (es. Form 5471, 3520) non inviati, purché non vi fossero imposte aggiuntive dovute. Anche qui l’IRS consente di presentarli tardivamente con una lettera esplicativa, evitando le salatissime sanzioni di default.

Queste procedure “semplificate” vanno seguite prima di essere contattati dall’IRS. Se l’IRS ha già avviato un audit o inviato una notifica per le annualità omesse, non è più possibile usufruire dello Streamlined o delle procedure di remissione spontanea​. In tal caso l’unica via è la Voluntary Disclosure Program tramite l’unità criminale dell’IRS, un processo più complesso e con sanzioni maggiori, fuori dallo scopo di questo articolo.

Conclusione: un cittadino americano residente in Italia deve essere consapevole dei propri obblighi fiscali verso gli Stati Uniti e attivarsi per tempo per adempiervi. Presentare ogni anno la dichiarazione dei redditi USA (anche se con imposta pari a zero) ed effettuare le segnalazioni di conti esteri FBAR/FATCA sono passi fondamentali per essere in regola con il fisco statunitense. In caso di inadempienze pregresse, l’importante è non procrastinare: l’IRS offre opportunità di rientro volontario come lo Streamlined, che conviene sfruttare finché si è idonei, per azzerare le pesanti sanzioni potenziali e tornare ad una piena conformità fiscale con serenità​


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